Il castello di Scena (in tedesco Schloss Schenna o Burg Schenna) venne costruito ai tempi di Margarethe Maultasch che nel 1345 diede l’autorizzazione al suo margravio Petermann von Schenna di erigere sulla collina di Scena, al posto di un vecchio maniero in rovina, un nuovo castello che fu terminato intorno al 1350. Nel 1363 il nobile Petermann von Schenna venne infeudato dagli Asburgo anche con il castello Reineck in val Sarentino. Il castello fu ereditato nel 1844 dall’arciduca Giovanni d’Asburgo-Lorena, raggiungendo l’attuale status che lo distingue tra i castelli e manieri dell’Alto Adige.
Il castello è stato più volte trasformato e ampliato, come si può notare dalla tavola del Codice di Brandis (1618) e dall’aspetto attuale della fotografia a lato. L’edificio venne arredato dall’arciduca Giovanni d’Austria secondo gli standard delle residenze nobiliari del XIX secolo. Nei suoi spaziosi e luminosi locali è esposta parte della sua ricca collezione di quadri tra cui l’unico dipinto ad olio raffigurante Andreas Hofer eseguito quando questi era ancora in vita. Si segnalano anche i numerosi effetti personali dell’arciduca, il suo studio e la collezione di lance, archibugi, armi da fuoco medievali e la spada del boia di Merano.
Al suo interno non solo si trovano infatti piccoli gioielli architettonici, come la porta a doppia apertura fatta costruire ai tempi della guerra di religione per evitare di far toccare ai cattolici e ai protestanti le stesse maniglie, ma si respira lo stile di vita e il gusto nell’arredamento di quattro secoli. Oggi l’edificio è di proprietà dei suoi successori, i Conti di Merano (Grafen von Meran-Spiegelfeld).
Curiosità fra colleghi
Fra i boia di Hall e di Merano intercorrevano stretti contatti professionali e rapporti di paren¬tela. Fra le pratiche contemplate dal loro “mansionario” figuravano la tortura, la marchiatura, la mutilazione, la decapitazione, l’impiccagione, il supplizio della ruota, l’affogamento e il rogo. Per “arrotondare”, i boia erano dediti allo sfruttamento della prostituzione, all’attività di guaritori, alla vendita di capestri e del “grasso di impiccato”, dalle presunte proprietà curative, che veniva ricavato dalla bollitura dei cadaveri dei giustiziati. I boia di Hall erano soliti vendere le salme alla facoltà di medicina dell’università di Innsbruck. Gli orrori del loro mestiere abbrutivano questi uomini a tal punto che alcuni di loro finivano per divenire essi stessi dei criminali. Nel 1747, quando il boia di Hall Josef Langmayr fu condannato a morte per omicidio, fu chiamato ad eseguire la sentenza il suo collega meranese.